Nel 2004, il film Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry ha catturato l’immaginazione del pubblico esplorando una premessa provocatoria: e se fosse possibile cancellare i ricordi dolorosi? Con Jim Carrey e Kate Winslet, il film ha portato alla luce questioni emotive ed etiche sull’identità e sul ruolo dei ricordi nelle nostre vite. Ciò che pochi allora capivano, però, era che la scienza stava cominciando a seguire un percorso sorprendentemente vicino a quello della finzione.
Primi sviluppi
Negli anni ’60, lo psicologo Ulric Neisser, noto come il padre della psicologia cognitiva, iniziò a suggerire che il cervello utilizzasse il sonno per “organizzare” e consolidare i ricordi. Durante il sonno, il cervello avrebbe la capacità di “filtrare” le informazioni, rafforzando i ricordi importanti e scartando le informazioni irrilevanti. Questa teoria è stata una delle prime a proporre che il sonno fosse un processo attivo legato all’apprendimento e alla memoria.
Nel 1983, il famoso scienziato e premio Nobel Francis Crick, che scoprì la struttura elicoidale del DNA, esaminò il tema del sonno e andò più in profondità, suggerendo che il riposo potrebbe non solo essere un filtro di immagazzinamento, ma anche un modulatore dei ricordi.
Detto questo, si può dire che il sonno è più intelligente di quanto immaginiamo. Molto più di una pausa di riposo, svolge un ruolo cruciale nel consolidamento dei ricordi e nella regolazione emotiva. Ma cosa accadrebbe se il sonno potesse spingersi oltre? E se, nel profondo, nascondesse il segreto per cancellare ricordi dolorosi o riscrivere traumi passati?
Sonno e memoria
Matthew Walker è un rinomato neuroscienziato e ricercatore britannico, noto per il suo lavoro sul sonno e il suo impatto sulla salute e sulle prestazioni umane. È autore del best-seller Why We Sleep: The New Science of Sleep and Dreams.
Nel libro Walker spiega la funzione delle diverse fasi del sonno, come mostrato nella figura seguente. La parte più conosciuta del nostro sonno è la fase REM (Rapid Eye Movement), un momento in cui i nostri occhi si muovono velocemente da un lato all’altro. Questa fase avviene alla fine del sonno ed è responsabile dei sogni e dell’elaborazione inconscia dei problemi che dobbiamo risolvere.
Nel resto del sonno, che corrisponde praticamente a 6 ore sulle 8 totali, siamo in modalità NREM (non REM), cioè sonno profondo. Sebbene la maggior parte dell’attenzione della ricerca sia rivolta al REM, Walker e il suo team hanno scoperto che il ciclo NREM è più importante di quanto immaginiamo, poiché è responsabile dell’immagazzinamento dei ricordi. Ciò significa prendere i ricordi a breve termine (ippocampo), valutarli, selezionarli. Infine, questo ciclo filtra i ricordi che verranno immagazzinati a lungo termine (la corteccia).

Immagine dal libro “Perché dormiamo”
Sebbene il concetto di “cancellare” i ricordi errati sia una semplificazione, studi recenti suggeriscono che il sonno – in particolare la NREM – svolge un ruolo importante nella regolazione e nel perfezionamento dei ricordi, così come nell’apprendimento e nel processo decisionale.
L’esperienza di Walker
Nel 2009, Walker condusse il seguente esperimento: gli individui furono esposti su un computer a una sequenza di parole casuali, in alcuni la lettera R (Retain) sembrava ricordare e per altri la lettera F (Forget) sembrava dimenticare. L’idea era di verificare se il cervello sarebbe stato soggetto a comandi di memorizzazione.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: uno che ha fatto un pisolino (gruppo Nap) e un altro che è rimasto sveglio (gruppo No-Nap). Durante la fase di apprendimento, sono state date loro delle parole accompagnate da istruzioni per ricordarle (R) o dimenticarle (F). Dopo un intervallo con o senza sonno, i partecipanti hanno eseguito un test di richiamo libero. I risultati hanno mostrato che il sonno aumentava selettivamente il ricordo delle parole segnate per essere ricordate, senza facilitare il ricordo delle parole destinate ad essere dimenticate.
Dopo aver visto le immagini, il gruppo è stato diviso in due. Il primo doveva rimanere sveglio e il secondo poteva dormire per 90 minuti. Dopo alcune ore è stato effettuato un test di memoria che ha evidenziato la capacità del sonno di aumentare la capacità di memorizzare le parole contrassegnate con la lettera R, trascurando il richiamo delle parole contrassegnate da dimenticare. In altre parole: il cervello risponde ai comandi durante il filtro del sonno.
Associazione con il suono
Nel 2009, Ken Paller e il suo team hanno condotto uno studio sulla riattivazione della memoria durante il sonno, noto come riattivazione della memoria mirata. Nell’esperimento, i partecipanti sono stati addestrati ad associare 50 immagini di oggetti unici con posizioni specifiche sullo schermo di un computer. Ogni immagine è stata abbinata a un suono caratteristico – come “gatto” con “miao” o “bollitore” con “fischio” – che ha contribuito a rafforzare la connessione tra l’oggetto e la sua posizione corrispondente.
Durante il sonno dei partecipanti sono stati presentati ripetutamente i suoni della metà degli oggetti (25 in totale), con l’obiettivo di rafforzare la memoria di queste associazioni. Dopo essersi svegliati, ai partecipanti è stato chiesto di visualizzare nuovamente tutte le 50 immagini e provare a posizionarle nelle loro posizioni originali. I risultati hanno mostrato che, in 10 dei 12 partecipanti, il posizionamento degli oggetti era più accurato per coloro che erano stati stimolati dai loro suoni durante il sonno. Ciò suggerisce che la riattivazione della memoria attraverso stimoli sensoriali durante il sonno può svolgere un ruolo importante nel consolidamento selettivo della memoria.
Immagini negative
Recentemente, gli scienziati dell’Università di Hong Kong hanno applicato la tecnica TMR per studiare la possibilità di mitigare l’impatto dei ricordi negativi, estendendo il concetto di influenza del suono sul consolidamento della memoria.
Nell’esperimento, 37 volontari di circa 20 anni sono stati esposti a 48 immagini negative, ciascuna associata a parole sonore registrate. Durante il sonno, le immagini negative venivano immagazzinate nel cervello insieme ai suoni corrispondenti.
Il giorno successivo, i partecipanti hanno visto immagini positive e hanno provato ad associare alcune delle parole sonore registrate alle nuove immagini. Alcune immagini positive erano collegate agli stessi suoni delle precedenti immagini negative.
La seconda notte, i suoni venivano riprodotti mentre i partecipanti dormivano. I questionari condotti dopo l’esperimento hanno rivelato che i partecipanti avevano più difficoltà a ricordare le immagini negative che venivano “sovrascritte” da immagini positive, suggerendo che la tecnica TMR potrebbe aiutare a ridurre l’impatto dei ricordi negativi.
Vecchi traumi e ricordi
Sebbene promettenti, i risultati ottenuti negli studi TMR sono stati tutti condotti in ambienti di laboratorio, il che presenta alcune limitazioni per l’applicazione della tecnica nella vita reale. Una delle principali difficoltà è che i traumi generalmente non hanno suoni, il che rende impossibile l’applicazione diretta della TMR.
Tuttavia, ulteriori ricerche potrebbero esplorare approcci alternativi (come tecniche di regressione o ipnosi) per accedere e recuperare questi ricordi e quindi associarli a suoni specifici nel presente.
Questione etica
La cancellazione dei ricordi può avere una serie di conseguenze complesse sulla rete neurale dell’individuo, il che solleva preoccupazioni sull’impatto di questa pratica. Molti preferiscono, quindi, usare il termine “riconsolidamento della memoria”: questo processo – in teoria più controllato – “riprioritarizza” o “risensibilizza” i ricordi, cercando di ridurne gli effetti negativi, ma senza eliminare la memoria stessa.
Tuttavia, questo tipo di approccio sarebbe consentito solo per i casi con indicazione clinica confermata, garantendo che vengano trattate solo persone con condizioni specifiche e dopo un’attenta valutazione.
Sebbene dimostrino il potenziale, gli studi condotti fino ad oggi sono ancora limitati agli ambienti di laboratorio. È fondamentale, tuttavia, che questa tecnologia venga utilizzata con cautela per evitare abusi. In questo contesto, la possibilità di alterare i ricordi oltre il trauma, per scopi ideologici o politici, solleva questioni etiche e morali che non possono essere ignorate. Qualsiasi progresso in questo campo deve essere accompagnato da norme rigorose per garantire che gli interventi sulla memoria vengano eseguiti solo quando clinicamente indicato e con il consenso consapevole degli individui.
( fontes: MIT Technology Review)
