Il termine deriva dal romanzo Frankenstein, scritto da Mary Shelley nel 1818, che racconta la storia di uno scienziato che crea vita artificiale, e viene poi perseguitato e distrutto dalla sua stessa creazione.
Sebbene Shelley non usasse esplicitamente il termine “sindrome di Frankenstein”, il lavoro divenne una potente metafora dei pericoli percepiti del progresso tecnologico senza controllo etico o morale. Il concetto si è rafforzato nel XX secolo, soprattutto nel contesto dello sviluppo di nuove tecnologie, come l’energia nucleare, la biotecnologia e, più recentemente, l’intelligenza artificiale (AI). Durante la Guerra Fredda, ad esempio, la paura relativa alle armi nucleari riecheggiava la stessa paura: la paura di una tecnologia che potesse causare una distruzione di massa, qualcosa fuori dal controllo di una singola persona o nazione.
Sindrome di Frankenstein e paura dell’intelligenza artificiale
La figura del mostro di Frankenstein simboleggia la paura dell’ignoto, una creazione che, pur nascendo dalla mente umana, finisce per superare i limiti del suo creatore. Questa paura riflette una profonda ansia per ciò che va oltre la nostra comprensione e controllo, un sentimento che è amplificato nell’era moderna dalla complessità delle nuove tecnologie.
La tecnologia, in particolare l’intelligenza artificiale, appare come il nuovo “mostro” che suscita questa paura. L’incertezza su come queste tecnologie verranno sviluppate e utilizzate alimenta un sentimento di alienazione, generando resistenza e paura. Proprio come il mostro di Shelley, che fu rifiutato dalla società e alla fine si rivoltò contro di essa, l’intelligenza artificiale è vista da molti come una creazione potenzialmente pericolosa poiché le sue capacità vanno oltre la comprensione di molti.
Esempi contemporanei di sindrome di Frankenstein
Gli esempi contemporanei abbondano: dall’uso dei deepfake, che sfidano la nostra percezione della realtà e possono essere utilizzati per manipolare le informazioni su scala globale, ai sistemi di sorveglianza avanzati che sollevano domande sulla privacy e sulla libertà. Questi sistemi di sorveglianza sono particolarmente illustrativi nel contesto di regimi autoritari, come la Cina, dove la tecnologia di riconoscimento facciale viene utilizzata per monitorare la popolazione su larga scala, alimentando uno stato di controllo che molti considerano oppressivo.
Un altro esempio importante è l’impatto dell’automazione sul mercato del lavoro. Le aziende che utilizzano l’intelligenza artificiale per ottimizzare i processi logistici, l’automazione delle risorse umane e ridurre i costi operativi, ma queste innovazioni si traducono in licenziamenti di massa e condizioni di lavoro precarie, aumentando la disuguaglianza sociale. Il timore che l’intelligenza artificiale possa sostituire i posti di lavoro umani crea una tensione tra l’innovazione tecnologica e la preservazione della dignità umana nell’ambiente aziendale.
A urgência de entender e controlar a IA
La sindrome di Frankenstein, in sostanza, rappresenta una barriera psicologica e sociale per chi ha poca dimestichezza con le nuove tecnologie. La mancanza di conoscenze tecniche genera paura, resistenza ed esclusione, creando un divario tra coloro che comprendono e utilizzano queste tecnologie e coloro che le vedono come una minaccia. Questo divario è aggravato dalla rapida evoluzione dell’intelligenza artificiale, che viene incorporata in sistemi che vanno dagli assistenti virtuali ai veicoli autonomi.
Questo divario può portare a gravi conseguenze sociali. Coloro che non riescono ad adattarsi alle nuove esigenze tecnologiche corrono il rischio di essere emarginati, perdendo competitività in un mercato del lavoro sempre più digitalizzato. Questa paura, quindi, non è solo irrazionale, è una reazione a una realtà in cui la mancanza di conoscenza si traduce in perdita di opportunità e rilevanza.
D’altra parte, coloro che hanno conoscenza e comprensione delle nuove tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale, si trovano in una posizione di potere. In una società sempre più dipendente dalla tecnologia, la capacità di comprendere e controllare questi sistemi si traduce in influenza e autorità. Ciò si riflette nel crescente potere delle grandi aziende tecnologiche, che con le loro innovazioni plasmano il futuro del lavoro e della società.
“Perché non possiamo progettare l’intelligenza artificiale per soddisfare le nostre esigenze individuali, invece di usarla o temerla?”
La sindrome di Frankenstein è in definitiva un riflesso delle disuguaglianze inerenti alla rivoluzione tecnologica. Coloro che non hanno le conoscenze necessarie per comprendere e controllare le nuove tecnologie si trovano ad affrontare una barriera significativa, mentre i tecnocrati che hanno familiarità con questi sistemi esercitano il potere in modo sproporzionato.
Per superare questa barriera, è essenziale promuovere una maggiore democratizzazione dell’educazione tecnologica e analitica. Solo attraverso l’inclusione digitale, l’interazione dei dati e l’alfabetizzazione tecnologica possiamo affrontare queste paure e garantire che l’intelligenza artificiale e le altre tecnologie progrediscano in modo che più persone possano comprendere e controllare, evitando che i progressi tecnologici diventino i “mostri” del nostro tempo.
( fonte: MIT Technology Review )